Fulvia seppe riprendere il suo piglio franco ed un po' mefistofelico nel salutarmi allo scalo alla presenza di Giorgio; ma dietro le sue parole acremente scherzose, io sentivo sgocciolare le lagrime che le ricadevano sul cuore.
Ella doveva arrivare a Reggio la stessa sera; ed io dovevo raggiungerla la mattina seguente colla prima corsa.
Come lo feci? Come tenni la mia promessa?
Sento che non avrei bel gioco narrando io stesso le mie gesta da questo punto innanzi.
Più tardi, molto più tardi, il caso mi pose tra le mani il giornale di Fulvia.
Se qualcuno può dare un giudizio vero, equo, delle azioni d'un uomo e de' suoi sentimenti, è la donna che lo ama.
Io lascerò dunque che d'ora innanzi il lettore mi giudichi traverso le opinioni di lei, dietro il suo esame psicologico. Essa mi scruta l'anima, mette spesso a nudo i miei pensieri un po' egoistici, il mio cuore arido; ma, sommato tutto, nel suo esame vi sarà sempre più indulgenza per me che non ne sento in me stesso.
XIX.
GIORNALE DI FULVIA.
La mia partenza da Milano m'aveva addolorata meno ch'io non m'aspettassi. La speranza, la grande consolatrice, la grande menzognera, mi faceva prevedere giorni più belli. Massimo sarebbe venuto a Reggio; l'avrei veduto solo, misteriosamente; non l'avrei presentato a nessuno dei nuovi conoscenti che la mia vita artistica m'avrebbe imposti; e di codesti avrei procurato di accoglierne il meno possibile, e soltanto in teatro; e l'accesso alla mia casa l'avrei riservato a lui, a lui solo.
Così, staccandomi da lui, e dalle care memorie di quel breve passato, io non volgevo lo sguardo indietro, ma innanzi a me; non correvo lontano da lui, ma incontro a lui, e mi pareva che il fischio della macchina irridesse alla società che mi compiangeva, o godeva forse di vedermi infelice pel termine d'una passione esaurita, mentre io, felice e pura, vedevo azzurreggiare all'orizzonte le dolcezze d'un sentimento caldo ed inebriante come l'amore, casto come l'amicizia.
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