E pensando ad una ad una le cose e le idee a me care, su cui cominciava ad albeggiare, mi ripetei poi sempre rabbrividendo: non vedranno il tramonto.
XXVIII.
- Torino! Porta Susa! Chi scende! Porta Susa!
Queste grida ripetute a varie distanze e lo spalancarsi della portiera, mi strapparono alle mie fantasticaggini. Scesi dalla carrozza e mi avviai all'uscita, triste, confusa, umiliata all'idea di incontrarmi con Gualfardo.
Avevo fatti pochi passi, quando sentii prendermi di mano la valigia, ed udii una voce ben nota dirmi:
- Ben tornata, Fulvia.
Era Gualfardo. - Pensai che, per un carattere freddo e chiuso come il suo, aveva fatto molto a domandare che lo lasciassero passare entro lo scalo per incontrarmi un minuto prima, e quel pensiero mi serrò il cuore come un rimorso.
- Come va, Gualfardo? gli dissi.
- Bene, bene, e voi? Passate di qui, a destra. Il vostro, biglietto? E mentre rimetteva il biglietto alla guardia, riprese:
- Ecco il babbo.
Io gli corsi incontro per abbracciarlo.
- Ben tornati, disse il babbo.
Quel plurale mi sorprese. La gioia del mio ritorno lo confondeva.
- È un pezzo che state ad aspettarmi? domandai.
- No, giungo or ora, rispose il babbo.
- Ah, sei venuto solo? gli chiesi stupita che rispondesse in singolare alla domanda che gli avevo fatto in plurale.
- Sicuro. E voialtri avete fatto buon viaggio?
- Come, voialtri? Io.
- Ma non siete venuti insieme?
- Son venuta colla contralto; ma tu non la conosci punto. A proposito, nello scendere è sgusciata via. Non l'ho più vista.
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Susa Susa Gualfardo Fulvia Gualfardo Gualfardo
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