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      - Eh! va. Omai sei artista; se gli ho permesso di andare ad incontrarti a Milano, non vedo alcun male a lasciarti fare una passeggiata con lui. Del resto è il tuo fidanzato.
      Io mi avviai alla mia camera per prepararmi col cappellino, tanto ero impaziente di uscir subito appena Gualfardo fosse giunto. Ma prima che fossi uscita il babbo riprese:
      - Ed è un bravo giovane, sai; un bravo, bravo giovane.
      - Sei ben fortunata, Fulvia, d'esserti imbattuta in lui; ed anch'io ne son fortunato. Muoio tranquillo, vedi, sapendoti nelle sue mani, perchè è un nobile cuore.
      Io fuggii senza rispondergli. Povero babbo! Io stavo per distruggere la mia fortuna, e la sua tranquillità. E perchè? O Dio!
      - Gualfardo, volete condurmi al Valentino a far una passeggiata? - gli dissi appena giunse. - Il babbo lo permette.
      Egli accettò colla solita cortesia.
      Era la prima volta che uscivamo soli. Eravamo un po' imbarazzati. Ed io pensavo quante volte ero uscita a Milano con Max, e che non eravamo imbarazzati; ed ammiravo quel carattere impetuoso, espansivo; e deploravo il riserbo di Gualfardo, e dicevo tra me:
      - Ecco com'è. È impossibile amarlo com'io l'intendo. È la sua freddezza che è causa di tutto.
      Quando fummo in Borgo Nuovo, c'era grande andirivieni di popolino e di omnibus; e si faceva buio; e gli accendi-fanali correvano colle loro pertiche illuminate come piccoli fari; e più d'una volta fui urtata.
      Allora Gualfardo mi disse:
      - Vorreste prendere il mio braccio, Fulvia? Camminereste meno a disagio. Se non ci avete difficoltà...


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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