Io presi il suo braccio, pensando quanto aveva tardato ad offrirmelo, e quante cerimonie ci metteva; e che invece Max prendeva addirittura il mio braccio e lo passava sotto il suo in barba a tutti, e s'arrabbiava se un altro c'era arrivato prima. Ah! quello era amore!
C'era molta gente al Valentino. Io proposi di andare fino alla Barriera di Nizza costeggiando il Po.
Quella strada era quasi solitaria. Parlavamo poco. Io ero preoccupata di quanto stavo per dire. Gualfardo pareva si studiasse di portare il discorso su argomenti estranei a noi. Trovava belle o brutte le case dei canottieri; più o meno svelte le forme dei canotti. E fresca la strada, e pittoresca, ecc.
Dopo aver risposto una quantità di sì, e di sicuro, e di già, io dissi ad un tratto:
- Gualfardo, ho deciso di accettare la scrittura che mi hanno offerta per Nuova-York.
- Sì? diss'egli senza il menomo cenno di sorpresa o di approvazione o di disapprovazione.
Quella risposta succinta mi sconcertò. Avevo contato su qualche obbiezione, su qualche interrogazione per aprirmi la via a spiegare i miei motivi. Che fare davanti a quel freddo monosillabo? Pensai di ripetere per eccitare altre risposte.
- Già, ripresi. Vado a Nuova-York.
Questa volta egli non rispose affatto. Solo dopo un momento, tanto per dir qualche cosa, mi domandò:
- Avete già firmato la scrittura?
- No, dissi; firmerò domattina.
Vi fu ancora una pausa. Poi io soggiunsi.
- Desideravo di parlarvene prima di concludere.
- Grazie, Fulvia. Ma dovete far sempre il vostro interesse.
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