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      Credilo al tuo babbo, che ti ama tanto. Io ho studiato l'animo di Gualfardo; pensa con che interesse l'ho studiato, dacchè so di doverti lasciare a lui, senza nessun altri al mondo per proteggerti ed amarti. Credimi, Fulvia, che se avessi la scelta fra i più splendidi partiti per collocarti, non vorrei scegliere altri che lui; non ho conosciuto mai un più nobile cuore, un animo più leale. Quando tu eri lontana, era lui che teneva il tuo posto presso di me; che mi amava come un figlio; che mi vegliava la notte quando stavo male; che sacrificava tutte le sue ore di riposo per supplirmi all'ufficio, e compiere per me un lavoro che mi diveniva sempre più faticoso. Fu lui che si assunse mille brighe per domandare ed ottenere la mia giubilazione. Se in questi ultimi tempi potrò godere un po' di riposo senza cadere nella miseria, lo debbo a lui. Non potrai amarlo mai abbastanza per tutto il bene che ha fatto al tuo babbo, mentre tu, povera figliuola, eri costretta a starmi lontana...
      E sentendo che io piangeva amaramente, con tutta l'amarezza del rimorso, riprese:
      - E tu pure lavoravi per me, ed ora mi porti il frutto delle tue fatiche, che servirà a curarmi. Ho tanto bisogno di cure e d'affetto. Tu mi farai guarire, mia Fulvia.
      Io sentivo che diceva tutto questo per consolarmi; perchè, nel riandare la sua povera storia di dolori, s'era accorto del contrasto penoso tra la mia posizione e quella di Gualfardo: tra me festeggiata, inebriata d'applausi, felice e spensierata, lontana da lui, - e quel generoso giovane che lo curava, lo consolava, lo sosteneva nelle difficoltà della vita.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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