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      Ora era tornato con quella lettera, ed attendeva ch'io gli facessi dire una parola.
      Lessi la lettera. Era dell'agente teatrale che mi aveva proposto la scrittura per Nuova-York. Aveva aspettato a lungo la mia decisione in proposito. Non ricevendola era venuto per vedermi; alla porta gli avevano detto che il mio babbo stava male; che io non abbandonavo pił la sua camera.
      Aveva compreso che in quel momento non potevo pensare ad altro, e, nella necessitą di fare la compagnia, aveva scritturata un'altra donna.
      Ma ora, al momento di partire, quella signora s'era ammalata alle tonsille, ed il medico le aveva consigliato un lungo riposo, se non voleva perdere affatto la voce.
      Per questo egli, informato della mia disgrazia che mi lasciava nell'isolamento, veniva a proporre ancora a me quella scrittura ridivenuta disponibile. L'arte potrebbe distogliermi da' miei tristi pensieri, ecc., ecc.
      In realtą mi sentivo sola ed infelice. Il babbo e Gualfardo, le due grandi affezioni, e le sole che mi legassero a Torino, erano entrambe perdute per me.
      L'amore dell'arte non mi parlava punto al cuore in quelle ore di sconforto.
      - Ma se potessi ancora trovarvi un interessamento, - pensai. - Se potessi ancora appassionarmi di qualche cosa, dare uno scopo alla mia vita!
      Non istetti a riflettere un istante di pił. Feci entrare l'impresario. Firmai la scrittura, e gli promisi d'essere pronta a partire fra dieci giorni.
     
     
     
      XXXV.
     
      - Se potessi ancora appassionarmi di qualche cosa! Dare uno scopo alla mia vita!
      Non fu un'idea fuggevole, un pretesto a cui mi fossi aggrappata per allontanarmi da quella casa piena di dolorosi, di strazianti ricordi.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





Nuova-York Gualfardo Torino