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      Era un bisogno istintivo della mia anima, che si rivelava istintivamente, dinanzi alla squallida prospettiva d'una vita senz'affetti.
      Perchč realmente avevo ancora una vita dinanzi a me. Ero giovane, ero forte; e le lunghe sofferenze morali non avevano punto alterata la mia salute, non avevano forse neppure accorciata d'un giorno la mia esistenza.
      Ero dimagrata, perchč, tutta assorta ne' miei dolori, avevo respinto il cibo ed il sonno, avevo faticato giorno e notte. Avevo il sistema nervoso eccitato, perchč mi ero lasciata indebolire.
      Ma senza queste cause materiali e dirette, c'era in me tanta robustezza da sopportare il dolore morale sotto tutte le sue forme, da provarlo in tutta la sua intensitą senza soccombere.
      Questo io lo sentivo con un senso di vero sgomento. Sentivo in me tanta potenza di vita, e mi domandavo:
      Che farne?"
      La sera stessa mi misi al pianoforte; passai una quantitą di musica. Dalle pił vaporose fantasie nordiche, alle pił soavi melodie italiane, andai cercando con ansia un'emozione.
      E ne trovai; e piansi. Ma non erano emozioni d'artista. Era l'aria prediletta dal povero babbo che mi strappava le lagrime. Era uno spartito che mi aveva insegnato Gualfardo, che mi rapiva in una serie di cari e dolorosi pensieri. Erano ancora quei due affetti, ancora quelle due memorie del mio passato. Ma lą dove quegli affetti non si legavano pel vincolo misterioso d'una rimembranza, la musica mi lasciava fredda.
      Prendevo un pezzo irto di difficoltą musicali, cominciavo a cantarlo con tutte le finezze, con tutte le sfumature d'una interpretazione intelligente, ma tosto pensavo che Gualfardo non era pił lą per dirmi col suo volto impassibile:


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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