I miei compagni non sapevano il tedesco e rinunciarono a conversare collo straniero. Si disposero a mangiare; ma, sia l'agitazione della salita che si sta per imprendere, sia il freddo intenso, non si può mangiare a quell'altezza. Il loro appetito non fece onore alla straordinaria potenza di stomaco di cui s'erano vantati.
In compenso bevvero enormemente.
Quanto a me non ero preoccupata che dalla mia grande idea, e dissi:
- Non comprendo come possano avvenire disgrazie sul Monte Bianco, dacchè, appena il suolo è pericoloso, i viaggiatori si legano colle corde di sicurezza.
Allora tra i miei compagni e le guide si fecero ad enumerarmi una schiera di vittime, quali scoperte sotto una valanga che le aveva sepolte, quali scivolate da un'altura vertiginosa, e trovate agghiacciate sopra una sporgenza del monte.
- Si trovano dunque sempre i cadaveri? domandai.
- Quasi sempre, rispose una guida.
- Ed allora?
- Allora si frugano, si cerca dalle loro carte di sapere il loro nome, si annuncia il fatto; i giornali lo pubblicano, e, se hanno una famiglia, ne viene informata. E la guida compiacente proseguiva a narrare di una signora venuta tre anni innanzi dal fondo dell'Inghilterra a cercare il cadavere di suo figlio, per portarlo a giacere eternamente nella tomba di famiglia accanto a suo padre.
- Ma quello è stato un suicidio - soggiunse.
- Un suicidio! - esclamai. - Come lo sapete?
- Dalle carte che si trovarono sul cadavere.
Era un bel giovane. Ricco come Rotschild e nobile come un re. S'era messo in testa d'essere un gran genio musicale, ed era venuto in Italia per studiare.
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