Però io tornerò al principale nostro intento concludendo col dire che l'Ammiraglio fu uomo di lettere e di grande esperienza e che non spese il tempo in cose manuali, né in arte meccanica, come la grandezza e perpetuità dei suoi maravigliosi fatti ricercavano, e metterò fine a questo capitolo con quel ch'egli scrisse in una sua lettera alla nutrice del principe don Giovanni di Castiglia con tali parole:
«Io non sono il primo ammiraglio della mia famiglia: mettanmi pure il nome che vorranno, che in ultimo David, re sapientissimo, fu guardiano di pecore, e poi fu fatto re di Gerusalemme; e io servo sono di quello stesso Signore che mise lui in tale stato».
CAPITOLO III
La disposizione del corpo dell'Ammiraglio, e le scienze apprese da lui.
L'Ammiraglio fu uomo di ben formata e più che mediocre statura, di volto lungo e di guance un poco alte, senza che declinasse a grasso o macilento. Aveva il naso aquilino, e gli occhi bianchi, ed era bianco e acceso di vivo colore. Nella sua gioventù ebbe i capelli biondi, benché giunto che fu ai trent'anni, tutti gli divennero bianchi. Nel mangiare e nel bere, e anche nell'adornamento della sua persona fu molto continente e modesto. Con gli estranei fu di conversazione affabile, e coi domestici molto piacevole, ma con modesta e piacevole gravità. Delle cose della religione fu tanto osservante, che in digiuni e in dir tutto l'officio canonico poteva essere stimato professo nella religione. E fu tanto nemico dei giuramenti e bestemmie, che io giuro che mai non lo sentii giurare altro giuramento che per San Fernando: e, quando più adirato si ritrovava con alcuno, la sua riprensione era dirgli, vi dono a DIO, perché faceste, o diceste questo.
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