Di modo che, essendo nell'interprete che gli espose detta autorità tanta ignoranza, quindi avvenne che l'Oviedo altra cosa immaginò fuor che quella che era in effetto. E se egli volesse dire che nel testo di Aristotele si legge altrimenti, e quel che il frate dice esser quasi il compendio di quel che scrisse Aristotele, io gli domanderò chi l'ha fatto giudice per dar tanti regni a chi gli piace e torre il suo onore a chi così bene l'acquistò, e che non doveva contentarsi di leggere tale autorità riportata nello squarcifogilio del frate, ma doveva vederla nella stessa fonte e nelle opere di Aristotele. Oltre che appresso gli fu fatta mala relazione in questo caso, perché, quantunque Teofilo in tutti gli altri libri suoi segua Aristotele mettendo la somma o sostanza di quel che dice, in questo libro De admirandis non fece così, affermando nel principio egli stesso che non abbrevia Aristotele in detto suo libro, secondo che negli altri ha fatto, ma ch'ei vi mette tutto il testo parola per parola, e però non può dirsi che fosse o più o meno Aristotele di quel ch'egli lasciò scritto. A che si aggiunge che Antonio Beccaria Veronese, il quale interpretò questo libro di greco in latino della qual traduzione si valse Teofilo, non lo tradusse così fedelmente che non vi mettesse più di quattro cose diversamente dal testo greco, siccome apparirà a ciascuno che vi ponga mente.
Secondariamente dico che quantunque Aristotele avesse ciò scritto come Teofilo recita, esso però Aristotele non adduce autore, ma come cosa senza fondamento dice fertur.
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