Né si vede fortunale che duri tanto che porti una nave da Cadice alla Spagnola per forza di temporale. Nemmeno è verosimile che, perché erano mercatanti, avessero pensiero né volontà di allontanarsi dalla Spagna o da Cartagine più di quel che il tempo li costringesse, specialmente allora che non si facevano né imprendevano le navigazioni con la facilità che ora si fa. Per lo che molto piccola navigazione pareva in quei tempi grande, come vediamo per quel che si legge del viaggio che fece Giasone di Grecia in Colchide, e per quel di Ulisse nel Mediterraneo, nei quali si consumarono tanti anni, e furono perciò così nominati che i più eccellenti poeti n'hanno cantato per poca esperienza che allora avevano del mare, fin che già poco all'età nostra è stata tanto migliorata che v'ha avuto di quelli c'hanno avuto ardire di circondare il mondo, contro quel che si soleva dire per proverbio «Chi va al capo di Non, o tornerà o non»; il qual capo è un promontorio in Barbaria, non molto discosto dalle Canarie.
Oltre che egli è manifesto errore il pensare che potesse essere Cuba, o la Spagnola quell'isola dove quei mercatanti furono dalla tempesta portati poiché si sa che con tutta la notizia, la quale ora se ne ha, è quasi impossibile accostarvisi senza urtar prima in molte altre isole che le circondano d'ogni parte. Ma quando pure volessero dire che quella terra, od isola, non era alcuna delle isole degli Astori, secondo che di sopra dicemmo, si potrebbe maritare una menzogna con un'altra dicendo, quella terra essere stata quell'isola di cui Seneca nel VI dei Naturali fa menzione, ove narra che Tucidide disse, che nei tempi della guerra della Morea un'isola chiamata Atlantica tutta o per la maggior parte si sommerse, della quale fa menzione eziandio Platone nel suo Timeo.
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