E così partito il dì seguente trovò per via il caravellone, che non aveva ancora potuto giungere alla gran Canaria, per essergli stato il vento troppo contrario.
Dal quale raccogliendo l'uomo che vi mandava, passò quella notte presso a Teneriffa, dal cui scoglio, che è altissimo, vedevano uscir grassissime fiamme. Di che maravigliandosi la sua gente, egli diede loro ad intendere il fondamento e la causa di cotal fuoco, verificando il tutto con l'esempio del monte Etna di Sicilia, e di molti altri monti dove si vedeva il medesimo. Passata poscia quell'isola, il sabato ai 25 d'agosto giunsero all'isola della gran Canaria, dove il Pinzón con gran fatica era giunto il dì avanti. Da lui egli intese come il lunedì avanti donna Beatrice era partita con quel naviglio ch'ei con tante difficoltà e incomodi procurava di avere e, come che gli altri di ciò ricevessero gran dolore, egli si conformava con quello che succedeva, mettendo il tutto nella miglior parte e affermando che, se non piaceva a Dio ch'ei trovasse quel naviglio, forse ciò avveniva perché se l'avesse trovato avrebbe trovato insieme impedimento e disturbo nell'ottenerlo, e perdita di tempo nella mutazione delle robe che portavano, e appresso impedimento per il viaggio. Per la qual cosa, temendo di fallarlo un'altra volta nella strada, se fosse ritornato a cercarlo verso la Gomera, seco propose di racconciar nella Canaria detta caravella [la Pinta] il meglio che potesse, facendole un nuovo timone, perciò ch'ella, sì come abbiam detto, aveva perduto il suo e oltre a ciò fece mutare la vela latina in rotonda all'altra caravella, detta la Nina affinché con più quiete e minor pericolo gli altri legni seguisse.
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