Intesero parimenti i nostri molte altre cose intorno ai loro costumi, le quali paiono a me degne d'essere raccontate in questa storia.
Cominciando adunque dalle divine, noterò qui le parole stesse dell'Ammiraglio, il quale così lasciò scritto: «Idolatria, né altra setta io non ho potuto comprendere in loro, quantunque tutti i loro re, che sono molti, sì nella Spagnola come in tutte le altre isole e nella terraferma, abbiano una casa per ciascun di loro, separata dalla popolazione, nella qual non è cosa alcuna eccetto alcune immagini di legname, lavorate in rilievo, che da loro son chiamate cimi; né in quella loro casa si lavora per altro effetto o servizio che per questi cimi per certa cerimonia e orazione che vanno a fare in essa come noi alle chiese. In questa casa hanno una tavola ben lavorata, di forma rotonda come un tagliere, nella quale sono alcune polveri che da loro sono poste sulla testa dei suddetti cimi, facendo loro cerimonia: poi con una canna di due rami che si mettono al naso succhiano questa polvere. Le parole che dicono non le intende alcuno dei nostri. Con la detta polvere vanno fuori di sentimento diventando come ubbriachi. Pongono un nome alla detta statua, e credo che sia quella del padre, dell'avolo, o di ambedue, perché n'hanno più d'una, e altri più di 10, tutti in memoria, come ho detto già, di alcuno dei suoi antecessori. Io ho ben sentito lodarne più una che un'altra, e li ho veduti aver più devozione e far più riverenze ad una che ad un'altra, come noi facciamo nelle processioni, quando fa mestieri: e si vantano i cacichi e i popoli gli uni con gli altri di aver miglior cimi.
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Ammiraglio Spagnola
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