Ma passato il primo anno, mancando loro di quelle cose di Castiglia, e crescendo le infermità e travagli tuttavia, rimasero scontenti delle cose presenti e privi di speranza di miglioramento nell'avvenire, senza però che s'intendessero le querele di molti ch'erano scontenti, fra i quali mai non manca chi inciti e pretenda farsi capo di parte, come allora toccò la sorte ad un Francesco Orlando, nativo della torre di Don Ximeno, a cui l'Ammiraglio aveva data tanta reputazione e autorità presso gl'Indiani e i Cristiani, col lasciarlo giudice maggiore, che non meno era ubbidito che la sua persona. Da che si può presumere che fra lui e il prefetto, ch'egli aveva lasciato per governatore, non ci fosse quella buona volontà che per il bene pubblico ricercavasi, sì come il tempo e l'esperienza fecero conoscere. Pertanto, tardando l'Ammiraglio a tornare, né mandando alcun soccorso, l'Orlando incominciò a drizzare il suo pensiero a voler impadronirsi dell'isola, proponendo di ammazzare i fratelli dell'Ammiraglio, come quelli nei quali poteva trovar maggior resistenza, e per dare a ciò effetto aspettò l'occasione.
E avvenne che il prefetto, uno dei fratelli dell'Ammiraglio, andò ad una provincia occidentale chiamata Suragna, 80 leghe discosta dall'Isabella, dove detto Orlando rimase in suo luogo, benché sotto il governo di don Diego, secondo fratello dell'Ammiraglio: di che l'Orlando si sdegnò in tal maniera che, mentre il prefetto dava ordine come il cacico di quella provincia pagasse il tributo ai Re Cattolici che a tutti gl'Indiani dell'isola l'Ammiraglio aveva imposto, l'Orlando cominciò nell'isola segretamente a trarre alcuni alla sua divozione.
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