Il primo fu un pesce chiamato schiavina, grande come un mezzo letto, il quale, dormendo sopr'acqua, fu percosso dalla nave Vizcaina con un tridente che l'afferrò di tal sorte che il pesce non potè liberarsene, ma, legato con una grossa e lunga fune al banco del battello, se lo tirava dietro sì velocemente per quel porto, ora di qua e ora in là, che pareva una saetta, in guisa che la gente dei navigli, a cui era occulto il secreto, vedendo correr senza remi il battello or qua or là, stava come attonita, fin tanto che si annegò il pesce, e fu condotto al bordo dei navigli, dove fu tirato su con quegli ingegni coi quali sogliono tirarsi le cose di peso. L'altro pesce fu preso con un altro ingegno, ed è chiamato dagl'Indiani manati, né in Europa si trova: è della grandezza di un vitello, e nel sapore e color della carne non ne è differente, se non per avventura è alquanto migliore e più grasso, onde ancor quelli che affermano che nel mare v'ha di tutte le sorti dei terrestri animali, dicono questi pesci esser veramente vitelli, poiché di dentro non hanno forma di pesce, né si pascono di altro che dell'erba da lor trovata nei lidi.
Ora tornando alla nostra storia, dico che, poiché l'Ammiraglio vide la sua gente riposata alquanto e i navigli essere stati acconciati, uscì dal detto porto di Azua e andò al porto del Brasil, che gl'Indiani chiamano Jaquimo, per fuggirvi dentro un altro braccio di fortuna che doveva seguire. Da questo partì poi ai 24 di luglio con tanta bonaccia che, non potendo egli seguir la via che voleva, le molte correnti lo gettarono in alcune isole presso a Giamaica, molto piccole e arenose, alle quali mise nome le Pozze perché non vi trovando acqua vi si fecero molte pozze nell'arena, dalle quali ci fornimmo per servizio dei navigli.
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