Essendosi adunque accostato alla casa, il Quibio gli mandò un altro messo dicendo che non entrasse in quella giacché egli uscirebbe fuori a parlargli, come che fosse ferito di una saetta: il che fanno essi, acciò che vedute non siano le loro donne, delle quali sono gelosi oltremodo. E così venne fino all'uscio, e si pose a sedere sulla porta, dicendo che solo il prefetto si accostasse a lui: il quale così fece, lasciando ordine agli altri, che, tosto che egli lo prendesse in un braccio, investissero. Giunto al cacico, gli domandò della sua indisposizione e d'altre cose del paese col mezzo di un'Indiano che avevano, il quale più di tre mesi avanti avevamo preso quindi poco lontano e domesticamente camminava con noi volentieri, il quale allora aveva gran paura per amor nostro, sapendo che il Quibio era molto desideroso di ammazzare i Cristiani, e non conoscendo egli ancora bene le nostre forze, pensava ciò potergli facilmente riuscire per la moltitudine della gente che era nella provincia. Ma il prefetto non curava della sua paura, e fingendo di voler vedere dove il cacico aveva la ferita, lo prese per un braccio: e, come che ambedue fossero di gran forza, fu però sì buona la presa che il prefetto fece, che bastò fin che giunsero i quattro: il che fatto, subito l'altro sparò l'archibugio, e così corsero tutti i Cristiani fuor intorno alla sua casa, ov'erano 50 persone tra grandi e piccoli, dei quali fu la maggior parte presa, e niuno ferito, perché vedendo essi che il re loro era prigione, non vollero fare alcuna difesa.
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