Giunti poi in terra, furono di diversi pareri: e alcuni dicevano esser meglio andarsene a Cuba, e che d'indi ov'erano avrebbero presi i venti levanti e le correnti a mezzo fianco, e così passati sarebbero con prestezza e senza fatica per traversar poscia alla Spagnola d'una terra ad un'altra, non sapendo che lontani n'erano 7 leghe: altri dicevano esser meglio ritornare ai navigli, e pacificarsi con l'Ammiraglio, o torgli a forza quello ch'era a lui rimasto d'armi e riscatti: altri furono di opinione, prima che si tentasse alcuna di queste cose, che si dovesse aspettare quivi un'altra bonaccia, o calma, per tornare a far quel passaggio. Preso adunque ciò per migliore, si stettero in quella popolazione di Aomaquique più d'un mese, aspettando il tempo, e distruggendo il paese. Poi, venuta la calma, tornarono ad imbarcarsi due altre volte: ma non fecero nulla, per avere i venti contrari. Per la qual cosa, essendo disperati di cotal loro passaggio, d'una popolazione nell'altra s'inviarono verso ponente molto di mala voglia, senza canoe e senza consolazione alcuna, mangiando alle volte di quel che trovavano, e altre fiate pigliandolo a discrezione, secondo il potere o la resistenza dei cacichi per dove passavano.
CAPITOLO CIII
Quel che l'Ammiraglio fece, poiché i sollevati furono partiti per la Spagnola, e l'avviso suo per valersi d'un eclissi.
Tornando ora a quel che l'Ammiraglio fece, partiti i sollevati, dico che fece procurare che agli ammalati che erano seco si desse quel che faceva bisogno per la loro cura, e che gl'Indiani fossero così ben trattati, che con amicizia e desiderio di avere i nostri riscatti non lasciassero di portarci le vettovaglie che ci portavano: nel che si usò tanta diligenza, e vi si attese in modo che in breve guarirono i Cristiani, e gl'Indiani perseverarono alcuni dì in provvederci con abbondanza.
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