Il che come che bastasse per affliggerli molto, possiamo nondimeno dire d'essi quello che fu detto di Tantalo, il quale avendo un solo palmo l'acqua lontana dalla bocca, non poteva trarsi la sete, come avveniva a costoro, i quali furono in gran travaglio perché, per mal governo degl'Indiani, fu da loro col gran caldo del giorno e della notte passata tutta l'acqua bevuta, senza altrimenti mirare al futuro. E perché ogni fatica con la calma è insopportabile, quanto s'alzava più il sole nel secondo giorno della loro partita, tanto più cresceva il calore e la sete in tutti, di modo che già al mezzo dì mancavano loro totalmente le forze. A che, sì come in tali tempi deve supplire al difetto dei piedi e delle mani la special cura e vigilanza del capo, per felice sorte i capitani trovarono due barili d'acqua, coi quali talora soccorrendo con due gocciole gl'Indiani, si sostennero infino al fresco del tardi, animandoli e affermando che tosto sarebbero giunti ad un'isoletta chiamata Nabaza, la quale giaceva nella loro via 8 leghe discosto dalla Spagnola, perché, oltre la gran fatica della sete, e l'aver vogato due dì ed una notte, avevano perduto l'animo, credendo aver fallata la via, dato che secondo il loro conto avevano già camminato 20 leghe, e per parer lor che oramai dovessero aver vista di quella. Nel che invero la fatica e stanchezza li ingannava, sì perché, vogando tra il dì e la notte, non può fare una barca, o canoa più di 10 leghe, come perché le acque da Giamaica alla Spagnola sono contrarie al cammino, il quale suol giudicare sempre assai maggiore colui che più travaglio in esso patisce.
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