I Fiorentini richiesono i Pistolesi, i Lucchesi, Bolognesi, Sanesi, e Sanminiatesi, e Mainardo da Susinana gran capitano, che avea per moglie una de' Tosinghi.
In quel tempo venne in Firenze il re Carlo di Sicilia, che andava a Roma; il quale fu dal Comune onoratamente presentato, e con palio e armeggerie: e da' Guelfi fu richiesto d'uno capitano con le insegne sue. Il quale lasciò loro messer Amerigo di Nerbona, suo barone e gentile uomo, giovane e bellissimo del corpo, ma non molto sperto in fatti d'arme, ma rimase con lui uno antico cavaliere suo balio, e molti altri cavalieri atti ed esperti a guerra, e con gran soldo e provisione.
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Trattato de' Fiorentini col Vescovo di Arezzo; come impedito dagli Aretini (1289) .
Il Vescovo d'Arezo, come savio uomo considerando quel che advenire gli potea della guerra, cercava patteggiarsi co' Fiorentini, e uscire con tutta la schiatta sua d'Arezo, e dar loro le sue castella del vescovado in pegno; e per le rendite e pe' fedeli volea, l'anno, fiorini IIIm, i quali li promettesse messer Vieri de' Cerchi ricchissimo cittadino. Ma i Signori che erano in quel tempo, erano in gran discordia: i quali furono messer Ruggieri da Cuona giudice, messer Iacopo da Certaldo giudice, Bernardo di messer Manfredi Adimari, Pagno Bordoni, Dino Compagni autore di questa Cronaca, e Dino di Giovanni, vocato Pecora, che furono da dì XV d'aprile a dì XV di giugno 1289. La cagione della discordia fu che alcuni di loro voleano le castella del Vescovo, e spezialmente Bibiena bello e forte, alcuni no; né non voleano la guerra, considerando il male che di quella segue: pur infine per tutti si consentì di pigliarle, ma non per disfarle.
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