E cominciorono ad accusare gli amici di Giano; e furonne condannati alcuni, chi in lire Vc chi in lire M, e alcuni ne furono contumaci. Giano e suo legnaggio si partì del paese; i cittadini rimasono in gran discordia; chi il lodava, e chi il biasimava. Messer Giovanni di Celona, venuto a petizione de' Grandi, volendo fornire ciò che promesso aveva, e aquistare ciò che gli era stato promesso, domandava la paga sua di cavalli 500 che seco avea menati. Fugli dinegata, essendogli detto non avea atteso quello avea promesso. Il cavaliere era di grande animo: andossene ad Arezo agli adversari de' Fiorentini a' quali disse: "Signori, io sono venuto in Toscana a petizione de' Guelfi da Firenze: ecco le carte: i patti mi niegano; ond'io e' miei compagni saremo con voi a dar loro morte come a nimici". Onde gli Aretini, i Cortonesi, e gli Ubertini, li feron onore.
I Fiorentini, sentendo questo, mandorono a papa Bonifazio, pregandolo che si inframmettesse in fare tra loro accordo. E così fece: che giudicò i Fiorentini li dessono fiorini XXm; i quali gliel dierono; e rifatti suoi amici, vedendo che gli Aretini si fidavano di lui, ordinorono con lui che, tornando ad Arezo, si mostrasse nostro nimico, e che li conducesse a tòrci Saminiato, che dicea appartenersi a lui per vigore d'Inperio, per lo quale era venuto e aveane mandato. Ma uno, il quale sapea il segreto, il palesò per leggiereza d'animo, e per mostrare sapea le cose segrete; e colui a cui lo disse, lo fece assapere a messer Ceffo de' Lanberti: onde gli Aretini lo sentirono, e al cavaliere dierono licenzia con tutta la sua gente.
| |
Giano Giovanni Celona Grandi Arezo Fiorentini Toscana Guelfi Firenze Aretini Cortonesi Ubertini Fiorentini Bonifazio Fiorentini Aretini Arezo Saminiato Inperio Ceffo Lanberti Aretini Giano
|