Di Mercato Vecchio si saettò fuoco in Calimala; il quale multiplicò tanto, per non esser difeso, che, aggiunto col primo, che arse molte case e palagi e botteghe.
In Orto San Michele era una gran loggia con uno oratorio di Nostra Donna, nel quale per divozione eran molte immagini di cera: nelle quali appreso il fuoco, aggiugnendovisi la caldeza dell'aria, arsono tutte le case erano intorno a quel luogo, e i fondachi di Calimala e tutte le botteghe erano intorno a Mercato Vecchio fino in Mercato Nuovo e le case de' Cavalcanti, e in Vacchereccia e in Porta Santa Maria fino al Ponte Vecchio; ché si disse arsono più che 1900 magioni: e niuno rimedio vi si poté fare.
I ladri publicamente si metteano nel fuoco a rubare e portarsene ciò che poteano avere: e niente era lor detto. E chi vedea portarne il suo, non osava domandarlo, perché la terra in ogni cosa era mal disposta.
I Cavalcanti perderono quel dì il cuore e il sangue, vedendo ardere le loro case e palagi e botteghe, le quali per le gran pigioni, per lo stretto luogo, gli tenean ricchi.
Molti cittadini, temendo il fuoco, isgombravano i loro arnesi in altro luogo, ove credeano che dal fuoco fussono sicuri; il quale si stese tanto, che molti li perderono per volerli campare, e rimasono disfatti.
Acciò che di tal malificio si sappi il vero, e per che cagione fu fatto detto fuoco e dove, i capi di Parte nera, a fine di cacciare i Cavalcanti di quel luogo, i quali temeano perché erano ricchi e potenti, ordinarono il detto fuoco a Ognissanti: ed era composto per modo, che quando ne cadea in terra, lasciava uno colore azurro.
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