Ma la volontà dello Imperadore era giustissima, perché ciascuno amava, ciascuno onorava, come suoi uomini.
Quivi vennono i Cremonesi a fare la fedeltà in parlamento con animo chiaro: quivi i Genovesi, e presentaronlo; e per loro amore a gran festa mangiò in scodella d'oro. Il Conte Filippone stava in corte; messer Manfredi di Beccheria, messer Antonio da Foscieraco signore di Lodi, e altri signori e baroni di Lonbardia, gli stavano dinanzi. La sua vita non era in sonare, né in uccellare, né in sollazzi, ma in continui consigli, assettando i vicari per le terre, e a pacificare i discordanti.
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Malcontento e tumulti in Milano. Cacciata de' Torriani; trionfo de' Visconti. L'Imperatore lascia la città, affidandola a Matteo Visconti e al Vicario imperiale (1311, gennaio - aprile).
I Milanesi aveano stanziati danari per donare allo Imperadore; e a raunarli, nel consiglio ebbe rampogne tra quelli dentro e gli usciti ritornati. Messer Guido avea due figliuoli, i quali si cominciavano a pentere di quanto il padre avea fatto, e udivano le parole de' lamentatori di lor parte. Lo Imperadore fece uno pensiero: di trarre alcuni dell'una parte e dell'altra de' più potenti, e menarsegli seco; e tali confinare.
I figliuoli di messer Mosca, che l'uno era arcivescovo, cugini di messer Guidotto, divenuti nimici per gara, il perché lui li tenea in prigione, lo Imperadore gliene fece trarre, e rappacificogli insieme. Ma i figliuoli di messer Guidotto non ressono; e un dì appensatamente richiesono loro amici e, ricominciato l'odio, in uno consiglio si svillaneggiorono di parole; le quali ingrossorono per modo che presono l'arme e abbarroronsi nel Guasto di quelli dalla Torre.
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