Gabriele abbassò il paralume, e si accostò all'infermo per domandargli:
- Come ti senti?
- Oh! - fece Paolo con un gemito - la testa!... la testa!... - e si teneva con le mani la testa dolorosamente.
- Vuoi pigliare qualcosa? un brodo? - riprese il Caligaris.
- Sì, un brodo - sospirò Paolo.
Gli portarono un brodo ristretto, che egli bevve a piccoli sorsi. Non si reggeva a sedere sul letto: bisognò che l'amico e il cameriere lo tenessero l'uno da una parte, l'altro dall'altra. Il dottore aveva ordinato che gli applicassero dei senapismi sulla nuca: l'infermo si lasciò medicare; ma quando cominciò a sentire il tiramento profondo, come di tentigini ardenti, del senapismo, si diede a smaniare, gridando che lo volevano uccidere, che erano tutti vili e briganti, che lo lasciassero in pace.
- Ha il delirio - disse il Caligaris - non bisogna contrariarlo. - E gli liberò la nuca, contentandosi di lasciargli la vescica di ghiaccio, che ogni tanto veniva rinnovata, alla testa.
Dopo quello sforzo, il giacente parve addormentarsi. Ma il suo non era un sonno tranquillo. Spesso si agitava, si lamentava di aver dei chiodi alle tempie, diceva parole e frasi incoerenti, parlava di Leona, della scommessa, di giuoco, di cavalli, di sua madre, di mille altri argomenti che gli turbavano lo spirito. Respirava affannosamente, e bisognava che spesso l'amico gli rimettesse la testa pesante sui guanciali che la tenevano sollevata. Gli dava noia il lume; ogni rumore lo faceva scuotere; si trovava in uno stato di irritazione invincibile.
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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania 1901
pagine 167 |
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Paolo Caligaris Paolo Caligaris Leona
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