Solo dopo qualche ora, l'affanno decrebbe, il delirio cessò, e il sonno divenne meno agitato e meno interrotto.
Gabriele Caligaris s'era buttato su una poltrona della camera da letto, per sorvegliare l'infermo; quando lo vide più calmo, passò nel salotto vicino, dove si era fatto portare il pranzo, e prese un boccone, in piedi. Durante la serata, alcuni amici, il Sant'Elmo, l'Ozanil, altri ancora, erano venuti a trovare Paolo; Gabriele li aveva congedati tutti sulla soglia dell'uscio dicendo:
- Non bisogna disturbarlo.
- Ma è cosa grave? - aveva domandato qualcuno.
- Principio di congestione cerebrale - rispondeva gravemente Caligaris, secondo che aveva sentito dire al dottore - una paralisi dei nervi vasomotori con eccesso di contrazioni cardiache per effetto della commozione provata. Ne avrà per una ventina di giorni; e avrà almeno imparato a non fare l'asino - soggiungeva pacatamente, chiudendo la porta in faccia ai visitatori.
Verso le due dopo mezzanotte, Gabriele, vedendo che Paolo riposava, si buttò su un divano ai piedi del letto, e cercò di dormire pure lui. Non si udiva che il respiro regolare, un po' rauco, del malato, e il palpito frettoloso dell'oriolo sul caminetto. Gabriele rimase un pezzo a guardare le ombre che la lampada proiettava sulle stoffe antiche della parete; fantasticò sulle conseguenze probabili di quella baggianata del suo amico, e alla fine si addormentò.
Fu svegliato dopo l'alba da Nazareno, che gli diceva all'orecchio in tono concitato:
- Signore! signore!
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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania 1901
pagine 167 |
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