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      I primi giorni, Leona non si stancava di ammirare la sua casa e quel lusso a cui non era mai stata avvezza, e il paesaggio che si stendeva davanti le sue finestre. Paolo era sempre al suo fianco; e passavano ore e ore sulla terrazza, contemplando il mare turchino di Santa Lucia, che lampeggiava nel sole; il Vesuvio che levava nel cielo limpido e dolce il suo gran pennacchio di fumo; l'isola di Capri, vaporosa e azzurra nella lontananza, e l'arco della costiera sonante e popolata di bianche case fino a Torre del Greco. Sotto i suoi piedi, Leona vedeva aprirsi le quadrate terrazze delle case borghesi: delle donne, rimboccate le maniche, appendevano i panni di bucato sulle corde distese: udiva dei brani di conversazioni in quel molle e vivace dialetto napoletano che ella quasi intendeva, tanto rassomigliava ai dialetti di Valenza e di Murcia.
      - Ne' Carminé, damm'a cammisa!
      - A lloco stà!
      - Donna Lucié, avete vist'a Pappona?
      - Ove' ch'è passata?
      - Sta cuieta, sta cuieta, Marié, lassa stà o cane!
      Erano grida, risa, lamenti, latrati, imprecazioni, querele, tutto il clamore di una fiera, che saliva da quelle terrazze, dalle terrazze lontane, dalle piazze, dai vicoli, da tutta la città rumorosa, in echi più fievoli a mano a mano che le distanze si facevano maggiori, ma sempre con le stesse intonazioni, con le stesse cadenze, quasi che i suoni di quel quartiere, per virtù di eco miracolosa, si propagassero in onde successive ed eguali per i quartieri vicini, per i quartieri lontani, dovunque.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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