- Ohè! ohè! - disse l'altra, dando indietro come poteva, sulle gambe che la reggevano a fatica.
- Va via! va via! - seguitava Leona, sempre più inferocita.
- Ma che ti piglia? diventi matta! - rispose balbettando l'Amalia, che non intendeva se non confusamente, tra i vapori del vino, la ragione di quel congedo così brusco.
- Va via!... va via!
L'Amalia uscì barcollando. Ma quando fu sulla porta della scala, non poté più frenare la lingua, e gridò a squarciagola:
- Già tutte compagne, pidocchi rifatti!
Leona colse il suono, non il senso di quelle parole. E corse in camera da letto per trovare Paolo; non c'era. Attraversò il salotto, cercò nella sala da fumo, passò nella sala da bagno, si slanciò nell'anticamera: non c'era, non c'era! Chiese a Marianna:
- Dov'è il signore?
- È uscito - rispose la cameriera.
- Quando?
- Poco prima di quella signora.
- Pobre, pobre de mi! - mormorò la ragazza, palpandosi con le mani le tempie, e fissando al suolo gli occhi largamente aperti come quelli di una pazza. Si riscosse, si mise in fretta la pelliccia e il cappello, e mosse verso la porta.
- Che fate, signorina, che fate! - le gridò dietro Marianna.
Leona non rispose; aprì la porta e si precipitò per le scale. In pochi minuti si ritrovò sulla piazza del Plebiscito: soffiava un brezzone acuto che tagliava la faccia. Andò avanti: si fermò davanti al caffè d'Europa e per i vetri appannati guardò se egli ci fosse. Il caffè era spopolato: solo tre o quattro signori, nella gran luce cruda, sorbivano lentamente una bevanda calda.
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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania 1901
pagine 167 |
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