Non siamo mica due vecchi, da tapparci in casa a dire il rosario.
- Per me, fa venire chi ti pare - aveva risposto Leona, la faccia ancora bagnata di lacrime.
Paolo il giorno dopo era andato a trovare degli amici, ad altri aveva scritto; la conversazione si era andata facendo sempre più animata, dopo due o tre settimane: e così verso la metà di marzo, il fior fiore della società equivoca di Napoli si ritrovava di sera, almeno tre volte la settimana, in casa di Paolo.
Con l'occasione di vedere degli antichi compagni di piacere, e di conoscerne dei nuovi, il conte Cappello aveva ricominciato a giocare e, per fortuna, aveva vinto: così aveva potuto rimediare in parte ai suoi guai e levare dal Monte quella roba di Leona che le era più necessaria per farsi vedere ai suoi visitatori.
Non è a dire se Leona avesse già dei mosconi d'attorno. La sua bellezza, un po' sformata dai patimenti quando ella aveva cominciato a ricevere, era divenuta in poche settimane più fresca e più florida; come un fiore che, dopo un acquazzone, si rileva più vivace di prima sullo stelo. Tutti gli uomini della sua società, cinque ufficiali di cavalleria, due avvocati, tre banchieri, una mezza dozzina di signori dell'aristocrazia napoletana, non escluso il duca di Paganica, tutti le facevano una corte spietata. Ella rideva e scherzava; ma spesso i suoi sguardi, anche in mezzo alle più galanti dichiarazioni dei suoi adoratori, diventavano distratti, e un'ombra passava sulla sua fronte. Delle volte Paolo lasciava la sala da gioco per venirle a dare un bacio: Leona levava gli occhi e gli leggeva in faccia, non tenerezza, non amore, ma solo il piacere di aver guadagnato qualche migliaio di lire: allora ella abbassava la testa e sorrideva con amarezza profonda.
| |
L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania 1901
pagine 167 |
|
|
Leona Napoli Paolo Cappello Monte Leona Leona Paganica Paolo Leona
|