Corse da quella parte, mentre il Caligaris consegnava la sua roba a un facchino: i due amici si abbracciarono, si domandarono notizie della salute, uscirono. Caligaris fece mettere la roba su una vettura da piazza: salì con Paolo e ordinò al cocchiere:
- All'albergo del Vesuvio.
- E così, come va? come ti tratta l'aria di Napoli? - domandò Gabriele Caligaris, quando il legno si fu incamminato.
- Male, mio caro! - esclamò Paolo, sorridendo con un po' di sforzo. - Ho una disdetta birbona. Anche iersera, tremila lire volate via.
- Bah! quando c'è l'amore... - insinuò l'altro giocondamente.
- Senti - ripigliò Paolo - è inutile che tu mi faccia il diplomatico. Perché sei venuto tu, a Napoli?
- Ma io non faccio il diplomatico niente affatto figliuolo mio! - rispose Caligaris, ritirando il collo e il lungo naso pappagallesco nell'alta e magra persona, e allargando le braccia in un scoppio di risa stridenti. - Tanto è vero che, a pranzo, ti racconterò ogni cosa.
- Ma tu pranzi a casa mia! - disse Paolo, scrutando la fisionomia dell'amico.
- Ah, allora è un altro paio di maniche! Ebbene, ne parleremo all'albergo.
Rimasero alcuni minuti in silenzio. Paolo disse:
- E di mia madre, sai nulla?
- È a Roma - rispose Gabriele tranquillamente.
- Come, a Roma? l'hai vista?
- Eh, l'ho vista, sì! - soggiunse quello con un ambiguo sorriso. Di nuovo tacquero entrambi. Poco dopo, la vettura si fermò davanti all'albergo. Il signor Caligaris vi era aspettato, e fu subito accompagnato nell'appartamentino che gli era destinato.
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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania 1901
pagine 167 |
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