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      Il solo che si mostrasse disinvolto era Gabriele Caligaris: mangiava con appetito; raccontava dei casi suoi e degli amici di Roma; parlò di spettacoli, di conversazioni, di donne allegre, di duelli, di tutto, ridendo e gesticolando, con quel suo accento di scetticismo supremo, onde sembrava che non pigliasse nulla sul serio. Egli pure osservava Leona, e le diceva, con garbo, molte galanterie: sì, si era fatta più bella di come era a Roma, aveva una certa rassomiglianza con la regina Natalia di Serbia, intendeva bene che Paolo l'amasse tanto; ma non fece alcuna allusione né al Circo, né alle visite che le faceva in quel tempo; come se non l'avesse mai conosciuta.
      Dopo pranzo, cominciarono a venire i soliti amici. A mano a mano che le tre sale si riempivano di gente, Paolo diventava meno cupo e meno impacciato: anzi più di una volta Leona, che lo teneva d'occhio, lo vide ridere di cuore, con sincera soddisfazione, come non l'aveva più visto ridere da tanto tempo.
      Il Caligaris, intanto, che veramente era rimasto sorpreso della bellezza, della grazia e più ancora di quell'impronta di malinconia che il dolore aveva lasciato sulle fattezze di Leona, le si era cucito ai panni e non la lasciava più. Anche Leona desiderava di parlargli da sola a solo, per scoprire terreno: così, quando Emma Corallo, la famosa canzonettista, cominciò a cantare, accompagnata al piano dal tenente Pirgo, le ultime canzoni di Piedigrotta, l'innamorata e l'amico di Paolo si trovarono sulla terrazza, insieme, come per caso.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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