- Se ti chiedesse del denaro, qualunque somma, rispondi di sì.
- Lascia fare a me - concluse Gabriele con il suo sorriso tagliente.
Prima di separarsi da Paolo, il Caligaris gli disse:
- Stasera hai gente in casa?
- No, nessuno.
- Allora verrò io, verso le dieci, a parlare a Leona.
- Sta bene: io sarò uscito da un pezzo.
E così fece. Tornato a casa, mangiò un boccone senza parlare a Leona, senza guardarla, come se temesse che ella gli potesse leggere negli occhi quello che gli passava nell'animo; poi accese un sigaro, e si avviò a un ridotto, ove andava di solito tutte le sere che non si giocava in casa sua.
Leona, rimasta sola, accese una spagnoletta, e si buttò a sedere su una poltrona a dondolo, fantasticando. Poi, forse stanca di rimestare sempre le medesime cose, si accostò al pianoforte, e si mise a suonare. La finestra era aperta: delle voci rare salivano dalla via, nella notte; l'aria tiepida e leggera recava un acuto effluvio di rose dai giardini del Palazzo reale, la cui mole superba si intagliava netta, nel chiarore della luna sorgente, in lontananza.
A un tratto si udì squillare il campanello dell'uscio di strada; e, poco dopo, Marianna venne ad annunciare:
- Il signor Caligaris.
Gabriele entrò con il cappello in mano, il sorriso sulle labbra, il volto atteggiato di una benevolenza forse un po' superiore, ma certamente cordiale. Leona gli stese le due mani e gli disse:
- Non credevo di rivedervi così presto.
- Come! Paolo non vi ha avvisata che stasera sarei venuto a trovarvi?
- No, hombre - rispose Leona; e aggrottando le belle sopracciglia arcate, soggiunse:
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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania 1901
pagine 167 |
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