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      Tornato a Roma sui primi di novembre, aveva saputo che Leona, divenuta l'amante di Gabriele Caligaris, stava a Nizza, e si divertiva: i giornali francesi, nei loro echi mondani, la citavano spesso, descrivevano le sue acconciature, vantavano la sua bellezza e il suo brio. A quelle notizie, Paolo aveva provato una fitta al cuore: non che amasse più Leona, ma gli rincresceva che ella potesse fare a meno di lui. Davanti agli amici posava a uomo che ne avesse avuto abbastanza di lei; ma gli amici scrollavano la testa, con aria incredula: si accordavano tutti a sospettare che Leona fosse stata lei invece che lo avesse piantato; e ciò gli dava una noia, un dispetto anche maggiore di quello che egli avrebbe provato se la cosa fosse andata veramente così. Ma come Leona era lontana, le occasioni di ricordarla non capitavano troppo spesso: Paolo seguitava a far vita allegra, e ora si era messo attorno alla signora Moos, una donna di quarant'anni che si conservava abbastanza fresca da poter essere desiderata.
      Il villino abitato da Leona si trovava in via Varese, solitario tra i fabbricati recenti di quella parte di Roma. I tre amici vi giunsero in legno chiuso, discesero e suonarono il campanello elettrico del cancello chiuso: un portiere alto, in livrea, tutto raso, venne ad aprire.
      Salirono per una larga scala di marmo coperta di un lungo tappeto di Smirne e fiancheggiata di statue, di arazzi, di vasi di fiori; e sulla porta trovarono due camerieri che li liberarono delle pellicce e dei bastoni, mentre il maggiordomo andava ad annunciarli.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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