Il giovane pagò, discese e, sebbene non fosse ancora l'ora, andò a suonare al cancello. Gli fu aperto, salì, si presentò alla porta. La cameriera gli disse:
- La signora non è ancora rientrata. Ma lei può passare lo stesso: già, non può tardare molto.
Paolo entrò in un salotto arredato con gusto veramente ammirabile. Le pareti, le seggiole, i divani erano tutti ricoperti di un cuoio antico di Cordova che il Caligaris aveva acquistato a una vendita: su un fondo glauco colore d'acqua di mare, si schiudevano delle rose rosso pallido, delle rose gialle, delle rose carnicine, delle rose oscure, delle rose paonazze filettate d'oro sul bocciuolo e intorno la corolla, e qua e là intramezzate di grandi chimere d'oro disfatto: alla luce incerta che penetrava dalla finestra dissimulata per una larga tenda di sciamito siciliano del tempo di Federico II, l'oro qua e là balenava irradiando fugacemente le rose: cosicché tutta la stanza pareva quasi illuminarsi della luce ancora indistinta di un'aurora meravigliosa.
Delle grandi pelli di tigre, di leopardo, di pantera nera di Giava, erano distese per tutto sui divani e sul pavimento: in mezzo alla stanza sorgeva, su un piedistallo di bronzo, un gran piatto arabo a riflessi metallici che conteneva una caffettiera e sei tazze di porcellana avvolte in astucci di filigrana tempestata di turchesi e di corallo color di rosa. E sul tappeto persiano che copriva il pavimento, due narghilè, davanti a un paravento di legno finemente lavorato a traforo, fumavano, riempiendo la stanza di un odore vago e caldo, forse di qualche gomma preziosa d'Oriente.
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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania 1901
pagine 167 |
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Cordova Caligaris Federico II Giava Oriente
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