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      Paolo non era cattivo - badava a dirsi Leona - era come la maggior parte degli uomini: egoista.
      Egli, dal suo canto, osservava lei, ma con tutt'altro sentimento. A volte le chiedeva in tono di rimprovero dispettoso:
      - O perché sei uscita a codesto modo?
      Leona si dava giù uno sguardo in giro; poi domandava:
      - Che cosa ho di strano?
      - Hai che non mi sembri più tu.
      Ella alzava le spalle, con un sorriso e un gesto della bocca che significava:
      - Non m'importa nulla a me dei bei vestiti; non sono i cenci che mi stanno a cuore. - E ragionava ad alta voce:
      - Questo copripolvere è buonissimo per andare a fare la spesa; questo cappelluccio nero è ancora mettibile per andare a fare la spesa...
      - Maledetta la spesa e... la tua smania di sfaccendare!
      Paolo Cappello, al vedere la sua amante uscire presto al mattino, vestita modestamente come la moglie di un piccolo impiegato, non poteva fare a meno di paragonarla alla donna galante che ella era prima, circondata di eleganze le più raffinate; e anche all'"artista" di Circo di un tempo più lontano, luminosa visione circonfusa di veli, di fiori, di lustrini, che passava ardente e felice tra un clamore alto di applausi... Eppure, senza confessarlo a se medesimo, abituatosi a poco a poco a quella sottomissione di lei, aveva cominciato a compiacersi della servilità devota, quotidiana, nella quale Leona metteva tanta parte dell'amore suo; e, a poco a poco, aveva finito a considerare la cosa come naturale.
      Un giorno, mentre stavano pranzando, gli occhi di Paolo si posarono su una mano di Leona che ella teneva aperta, distrattamente, sulla tovaglia, dalla parte di lui.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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