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      Leona guardava il cielo, guardava gli alberi, guardava la via; e a poco a poco si abbandonava con l'anima a fantasticare e a sognare.
      Di nuovo, spesso, rivedeva con la mente tutta la sua vita fino a quel giorno: dove erano, in quel momento, i suoi amici di infanzia? Che faceva a quell'ora il bel "Manolo" della riva del Darro? E i suoi compagni d'arte, che facevano? E Campeador, il suo bel cavallo arabo, dai grandi occhi umani? E la buona Marianna di Napoli, che faceva a quell'ora? Dov'era? Dov'era tutta quella gente che ella aveva visto o conosciuto, per un'ora, per un giorno, per alcuni mesi, rapidamente e intensamente, nel suo pellegrinaggio attraverso la vita? Chissà! Le stelle tremolavano in cielo; e il silenzio era dattorno.
      Ma dopo una corsa disordinata e inconsapevole della fantasia per tutti i luoghi ove Leona aveva amato e sofferto, ella tornava al suo pensiero fisso, alla sua preoccupazione più dolce e più dolorosa, a Paolo. Ecco, ella ora pensava a lui con un'onda di tenerezza nel cuore e con gli occhi pieni di lacrime. Perché? Egli la trattava tanto, tanto male, quel cattivo ragazzo! Cosa era questa passione che la faceva morire, e senza la quale ella non avrebbe potuto vivere? Che aveva egli di diverso dagli altri per farsi amare così ardentemente, così disperatamente? Ella non lo sapeva, ella non poteva dirlo; fissava gli occhi nell'orizzonte, scrollando la testa, e mormorando tristemente: - Si fuera loca!... (Se fossi pazza!).
      E rassegnata a non vedere, a non comprendere quel che accadeva dentro di lei, la povera donna si abbandonava al suo amore, come il naufrago che, perduta ogni speranza, chiude gli occhi e si abbandona alle onde tumultuose dell'oceano.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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