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      Paolo sentiva la tenerezza timida e sottomessa di quell'accoglienza; ma non se ne volle lasciar commuovere. Ringraziò a fior di labbro la donna, che lo guardava fissamente, con i grandi occhi supplichevoli, aspettando una buona parola; poi passò con lei nella sala da pranzo, dove la minestra fumava in tavola.
      Allora egli cominciò a raccontare le gite che aveva fatto: era stato a Viareggio, a Livorno, sulla riviera ligure, a Venezia. Citava le persone che aveva veduto, le avventure che gli erano occorse, ridendo allegramente al ricordo di qualche storia comica o piccante. Leona lo lasciava dire, contentandosi ogni tanto di fare qualche domanda, per mostrare che lo ascoltava; guardandolo spesso in viso; sospettando, sotto quell'onda di parlantina, qualcosa che egli le voleva nascondere. Quando il giovane ebbe finito, gli chiese:
      - E ora non ti muovi più?
      - No... non so... non credo - fece lui imbarazzato. E, per sviare la conversazione, soggiunse:
      - Hai visto qualcuno dei nostri amici?
      - Nessuno: sono stata sempre sola, con Nazareno.
      A Paolo parve che queste parole, che erano la verità, suonassero rimprovero per lui; e se ne sentì infastidito. Non rispose; ma non aprì più bocca per tutta la sera.
      - Sei di cattivo umore? - gli domandò Leona, quando si accorse di quell'improvviso silenzio.
      - Ah, ah! si ricomincia? - fece lui con accento seccato.
      - O allora perché a un tratto ti sei fatto muto? - ribatté lei, con un fremito nella voce.
      - Perché non ho altro da dire - rispose lui, seccamente.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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