Soltanto levò la testa, meravigliato, quando notò il cambiamento della voce di lei, che diceva, facendosi forza per dissimulare la sua ambascia:
- Io butterei quel denaro dalla finestra.
Gabriele s'immaginò che ella si fosse avuta a male delle parole di lui, e, seccamente, soggiunse:
- Fareste male, mia cara, i tempi sono duri.
Ella si alzò e fece per pagare; ma il Caligaris la impedì quasi a forza. Leona ringraziò con un sorriso nervoso, e uscì: le pareva di soffocare.
Cadeva un'acquerugiola fitta e sottile, che avvolgeva quasi di un velo i palazzi, le botteghe, la via che si stendeva da una parte fino a porta del Popolo, dove il grande obelisco sorgeva, come un'ombra, nella nebbia grigia, e, dall'altra, verso piazza Venezia. Ella non pensò neanche a chiamare un legno di piazza, e, sotto la pioggia, imboccò via dei Condotti. Le gocce fredde che le sdrucciolavano sul collo mal protetto dalla pelliccia, la facevano trasalire: ella non vi badava. Ogni tanto urtava in qualcuno che le passava accanto, l'ombrello aperto: quello si rivoltava, la guardava fisso, poi ripigliava la via, tentennando la testa.
Leona si trovò in casa senza sapere come ci fosse arrivata. Nazareno le diceva:
- Il signor conte ha mandato a prendere della roba, e se l'è fatta portare all'albergo.
- Che roba? - domandò lei, come trasognata.
- Due vestiti, le camicie, la veste da camera e alcune carte. Allora ella si ricordò che non sapeva ancora il nome di lei, della fidanzata. Disse al cameriere:
- Sai che il conte è sposo?
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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania 1901
pagine 167 |
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