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      Era un amore fatto di tenerezza, di dolore, di abitudine, di rimpianti e di sogni. Chissà? forse gli voleva tanto bene, perché l'aveva fatta tanto soffrire.
      Seguitava a girare per la casa, fantasticando, guardando tutti i mobili, tutti i gingilli, quasi che avesse voluto fissarseli bene nella mente e negli occhi. Un mazzo di fiori, un vecchio mazzo di fiori appassiti, che egli le aveva dato sei mesi prima e che ella aveva conservato in una coppa di cristallo, la commosse improvvisamente. Di subito gli occhi, rimasti aridi fino a quel momento, le si riempirono di lacrime; un singhiozzo le proruppe dal petto; si accasciò su se stessa, per terra, e diede in un pianto disperato e convulso.
      Quello sfogo le fece bene. Quando si rialzò, era un'altra: i suoi occhi neri, largamente aperti, mandavano, tra le lacrime, strani bagliori. Se li asciugò in fretta, con il dorso della mano, quasi temendo di non fare in tempo, di essere sorpresa, e andò nello studio di Paolo.
      Cautamente, senza far rumore, come una ladra, cercò di aprire i cassetti dello scrittoio: erano chiusi. Allora andò in camera: sapeva che nel comodino c'era un vecchio mazzo di chiavi di ogni forma e di ogni lunghezza, mezzo arrugginite, tenute insieme da un cerchio di acciaio. Le prese, tornò nel salotto, ne provò e riprovò molte: una, finalmente, girava nella serratura: il cassetto si aprì.
      C'erano dentro delle carte, dei guanti scompagnati, delle buste da lettere, dei biglietti da visita, due o tre boccette vuote di essenza, dei fasci di lettere, la più parte venute per la posta.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





Paolo