Quando si mise la mano nella tasca del vestito, e vi trovò le lettere della von Moos, che vi aveva nascoste la sera avanti, provò quasi un senso di meraviglia. Poi uscì.
Il tempo si era mutato, e la mattinata era fredda, ma bella. L'aria ghiaccia le fece bene; ella attraversò piazza di Spagna, che rideva nella luce diffusa, e per via della Croce si recò nella chiesa di San Carlo al Corso. La chiesa era aperta; ella vi entrò, e andò diritta a inginocchiarsi vicino a un confessionale. Due o tre vecchie signore, che ascoltavano la messa, si voltarono a sbirciare la nuova venuta. Leona, la faccia tra le palme, pregava.
Di lì a poco udì un leggero rumore nel confessionale; lo sportello si aperse, e una voce sussurrò:
- Dite il confiteor.
Ella disse il confiteor pianamente, senza levare gli occhi, senza abbassare le mani dal viso.
La voce riprese, dolcemente:
- Dite i vostri peccati, figliola mia.
- Vivo in peccato mortale, padre - mormorò ella con un filo di voce.
- Con un uomo?
- Con un uomo.
- E allora, perché venite da me, figliola mia? - riprese la voce, ancora più dolcemente.
- Per un consiglio, padre.
- Parlate.
Ella raccontò la sua storia: come si era data a quell'uomo; come egli l'aveva lasciata la prima volta; come l'aveva ripresa; come ora l'abbandonava di nuovo, per sempre, per sempre, per sposare un'altra. La voce della penitente era gonfia di lacrime.
- Ebbene, figliola mia: offrite a Dio codesto dolore, che egli forse vi manda per espiazione dei vostri peccati; ringraziatelo anzi che vi abbia tratto, nella sua grande misericordia, dall'abisso dove eravate caduta.
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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania 1901
pagine 167 |
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