Mentre il popolo acclamante giurava fedeltà al sovrano, questi giurava sul Vangelo di osservare gelosamente i patti costituzionali, mediante i quali tutti i granduchi ricevettero omaggio e giuramento di sudditanza dal popolo toscano, quantunque poi governassero da despoti sempre.
Ferdinando III era un giovane principe buono e leale; ma non aveva né la fibra né la mente del padre. Per governare uno Stato, specialmente in tempi difficili, la sola bontà e la lealtà non bastano: bisogna che il principe sappia non solo quello che ha l'obbligo di fare per il pubblico bene, ma che altresì sappia scegliere con accortezza coloro che debbono coadiuvarlo nel difficile compito. Le doti di Ferdinando III, ammirabili e preziose in un privato cittadino, ma insufficienti e qualche volta fatali per chi deve stare sul trono, lo condussero... a raggiungere presto, la casa paterna a Vienna.
Mentre gli avvenimenti d'Europa mettevano a soqquadro tutti gli Stati, Ferdinando aveva in animo di mantenere la Toscana neutrale; ma si trovò poi vinta la mano dagli eventi.
Per colmo di sventura per lui, ed anche per la Toscana, l'imperatore Pietro Leopoldo il 29 febbraio 1792, a soli quarantacinque anni, morì di colica essendo rimasti inutili tutti i rimedii tentati nei tre giorni della malattia. Così mancò a Ferdinando, quell'appoggio principalissimo sul quale egli insieme col popolo, contava sicuramente.
I clericali intanto, spaventati dalle simpatie ognor crescenti per la repubblica francese, specialmente nei giovani, profittando della morte dell'imperatore, spargevano ad arte, per intimorire la gente più matura, che i principii rivoluzionari avrebbero rovinato lo Stato, poiché contrari alla religione.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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