Altri, specialmente i giovani, sempre ansiosi di novità, più fidenti nell'avvenire, e che per la loro età e per l'indole vivace, si sentivano attratti dall'ignoto, da cui eran divisi per poche ore, si dirigevano a gruppi, a mandate, verso la porta a San Gallo, dalla quale dovevano arrivare le temute soldatesche.
Giorno di Pasqua più triste e melanconico di quello, Firenze non aveva passato mai.
Le famiglie, i parenti, non si riunirono in quell'anno, secondo l'usato, non arrischiandosi alcuno di abbandonare la casa al sopraggiungere del nemico, come la maggior parte dei cittadini reputava l'esercito francese.
Molti nobili e signori si rifugiarono nelle loro ville fuori della città; gli altri non uscirono dai loro palazzi. Quelle ore di aspettativa, convulse per i curiosi, angosciose per gli altri che avevan paura, non passavano mai.
Finalmente nel pomeriggio comparvero alla spicciolata alcuni squadroni di cavalleria, che si dirigevano verso il centro della città, coi moschetti impugnati come se entrassero in un paese vinto per valore o per forza d'armi. Quindi si videro calare dalla scesa del Pellegrino, fuori di porta San Gallo, diversi reggimenti di fanteria, preceduti da una turba di vagabondi, raccolti, strada facendo, dai paesetti e dai borghi di dove passavano.
Il grosso dei francesi entrò in Firenze preceduto da un branco di ragazzacci entusiasmati dalle manciate di soldi che via via buttavan loro gli ufficiali, perché gridassero "morte ai codini!" come facevano, a perdita di fiato.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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