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      Il buon senso dei fiorentini però, valutava giustamente l'importanza delle insolenti lodi e le spacconate delle minaccie. E per non mancare al solito sarcasmo, che in Firenze è quasi di rito, cominciarono subito a chiamare i francesi Nuvoloni, perché ogni editto, ogni manifesto dei liberatori, cominciava col sacrosanto Nous voulons.
      Tutto ciò non toglie che il 9 aprile, o 19 germinale che dir si voglia, non fosse atteso con una certa bramosia e curiosità, per vedere in che cosa consisteva la cerimonia alla quale si dava tanta solennità, quella cioè di piantar l'albero nel mezzo di Piazza. La curiosità maggiore però era quella di assistere alla celebrazione affatto nuova e strana, dei diciotto matrimoni che si sarebbero celebrati attorno all'albero verdeggiante di foglie.
      La mattina del giorno tanto aspettato, la Piazza Nazionale, aveva preso un aspetto tutto nuovo, poiché era decorata a guisa di circo equestre, con una teatralità straordinaria. Nel centro era stato costruito una specie d'anfiteatro in faccia alla Loggia dell'Orcagna, avendo all'intorno più ordini di gradini. Il recinto era coronato da varie statue allegoriche, o rappresentanti numi ed eroi dell'antichità. La Loggia superba, era tutta parata d'arazzi, tolti dalle Gallerie, ed ornata di festoni di lauro e di fiori e pennoni coi colori nazionali francesi. Grandi ghirlande rompevano qua e là la monotonia dell'addobbo; e sotto la volta dell'arcata centrale s'ergeva maestosa e severa la statua della Libertà. Nella mano destra teneva una picca sormontata dal berretto frigio, e la sinistra stesa accennava al livello, segno di uguaglianza cittadina.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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