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      Sulla piazza di Santa Croce e di Santa Maria Novella ove era stato pure piantato l'albero, furon fatti balli pubblici, a cui presero parte molte donne del popolo, verso le quali i soldati si mostrarono amabili perché avevan trovato i fiorentini "buoni e pacifici com'erano stati loro dipinti."
      L'albero non fruttò la desiderata libertà; fruttò invece trentasei suocere, e qualche altra cosa di peggio, come vedremo.
      A forza di editti, di manifesti e di Nous voulons, non si può persuadere un popolo, specialmente scettico come il fiorentino, a credere a ciò che non è. Per conseguenza, ai cittadini amanti della vera libertà della patria, ed ai quali non era dispiaciuta la partenza del Granduca, rincresceva ora il fare altezzoso dei Nuvoloni, che venuti in sembiante d'amici dei liberali, spadroneggiavano e comandavano come se fossero entrati in Firenze per valor d'armi, e Firenze fosse una città di conquista.
      Ed i contadini, poiché il contadino specialmente nelle rivoluzioni è stato e sarà sempre lo stesso, profittavano del malcontento, per varie ragioni generale, e la notte imbrattavano gli editti affissi in nome della repubblica e "attentavano" agli alberi della libertà, con l'idea di promuover sommosse per rilevarne il saccheggio!
      Allora la buona e pacifica città fu percorsa da pattuglie di cavalleria francese, e da drappelli di fanteria per tutela degli alberi e dei manifesti, se non della libertà. Per maggiore sicurezza poi fu dal maire, non più gonfaloniere, ordinato di tenere un lume acceso per tutta la notte a coloro che volessero lasciar la porta di casa aperta fino dopo le otto di sera.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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