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      E mentre protestava una gran devozione per le reliquie dei santi, ingiungeva a tutte le chiese che ne possedevano, di levarle con la dovuta riverenza dai reliquiari, tenersi le reliquie, e i reliquiari, se fossero stati d'argento, mandarli alla Zecca. Anche negli atti della religione, la repubblica amava la semplicità!
      Nelle cattedrali poi, e nelle abbazie, non era permesso che un pastorale solo, e ciò che era strettamente necessario neipontificali. Se in qualche chiesa vi fossero oggetti d'argento reputati opere d'arte, meritevoli d'esser conservati, il rettore doveva farne rapporto, probabilmente per mandarli a conservare a Parigi, come avvenne dei molti quadri, dei cammei, e degli oggetti in pietra dura delle gallerie.
      Finalmente si ordinava senza tanti preamboli, a tutti coloro che presiedevano o amministravano chiese, monasteri e luoghi pii, di sostituire al più presto le lampade e gli arredi d'argento, con altri "d'altra materia a piacimento!"
      Se la chierica de' preti fosse stata d'argento, i francesi si sarebbero fatta consegnare anche quella!
      Queste, che molti ritennero per vere esorbitanze, specialmente nelle campagne, indignarono gli animi dei più; e cominciò allora il sordo lavorìo dei preti e dei reazionari per sobillare le plebi.
      Specialmente nell'aretino, dove gli emissari austriaci trovarono il terreno più adatto che altrove a sollevare le masse, queste si ribellarono al regime francese; e la rivolta a poco a poco assunse serie proporzioni. Ad Arezzo fu preso a pretesto della prima insurrezione, il 6 di maggio, trentesimo anniversario della nascita di Ferdinando III. In quel giorno i contadini della provincia aretina, ai quali dai codini giubbilanti s'era dato ad intendere che i tedeschi erano entrati in Firenze, fecero nelle campagne intorno ad Arezzo fuochi di gioia.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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