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      Il Macdonald non poté però continuare la sua marcia sopra Arezzo perché gli austro-russi gli davano da fare altrove.
      Per conseguenza dové lasciar la Toscana, dando così agio ai ribelli di continuare nelle loro imprese: le quali, benché
      mascherate dai gridi di Viva Maria, nascondevano il fine del saccheggio e delle maggiori bricconate, che potessero aspettarsi da una masnada di quella fatta.
      La prima marcia degli insorti fu sopra Siena, dove appena giunti abbassarono l'albero della libertà in tutte le piazze e ne fecero un rogo, sul quale bruciarono tredici disgraziati ebrei, accusati di partigianeria verso i francesi, per avere un motivo di sfogare su di essi la loro malvagità. Il più bestiale tra i condottieri di quella canaglia, era un frate laico zoccolante del Monte San Savino, che con la sciabola in mano eccitava i suoi seguaci "bestemmiando come un forsennato" in onore di Dio e del principe. Fu saccheggiato il ghetto e la sinagoga, fracassate e vuotate le sette cassette dell'elemosina nella sagrestia del tempio, e portati via gli argenti, che ornavan la bibbia.
      Questi barbari fatti di Siena, e il tremendo rovescio, toccato da Macdonald alla Trebbia nei giorni 17, 18 e 19 giugno ebbero il loro contraccolpo anche in Firenze, dove la sera del 4 luglio, in Piazza Nazionale, vi fu una specie di rivoluzione, nella quale il popolo bruciò tutti gli emblemi della repubblica. Le cariche di cavalleria furono insufficienti a frenare il furore della plebaglia istigata dai reazionari; ed i liberali si videro in pericolo.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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