Frattanto la disfatta della Trebbia determinò i francesi ad allontanarsi dalla Toscana: e la notte del 5 luglio, il generale Gaultier e il commissario Reinhard, scortati da poca cavalleria, si diressero a Livorno, seguiti da pochi patriotti che preferirono di esulare da Firenze, piuttosto che esporsi alle vendette dei reazionari, i quali rialzaron subito la cresta, ed incitarono i mercatini, i facchini, i conciatori e i navicellai del Pignone, a molestare i giacobini, o coloro come tali ritenuti, i quali furon perseguitati con ogni maniera, di danni e d'offese.
I reazionari, coraggiosi sempre quando il nemico non c'è più, diffondevano a centinaia di copie una poesia fregiata dello stemma di Ferdinando III, dovuta al peregrino ingegno di un tal "Dott. G. P. L. Pastor Arcade" e intitolata "L'inganno della libertà schiarito ai popoli toscani."
Sarebbe afflizione troppo grande il riprodurre le venticinque strofe di quella poesia: ma per darne un'idea, essendo una caratteristica pittura della scena su cui si svolgevano tanti fatti, bisogna pur riportarne saltuariamente qualcuna:
Oh! che bella libertà
Ci portò la gran Nazione
Che con quindici personeConquistando il mondo va.
Oh! che bella libertà.
Una statua, un arboscelloCh'apre i sensi il reo sentiero
Son quel nume lusinghieroChe soldati ognun ci fa.
Oh! che insana libertà.
Mentre poi con tal folliaFarci liberi pretende
Tanti schiavi ella ci rendeAl suo orgoglio e vanità.
Che tiranna libertà.
Mentre tutti arbitri siamoCon l'orpel de' Cittadini,
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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