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      Quest'ultima ordinanza, altezzosa e provocante, finì di esasperare gli animi, e ci volle tutta la prudenza e l'ascendente dell'arcivescovo Martini, per impedire che la popolazione si sollevasse e trasmodasse contro i fautori di così prepotenti e sfacciati amici, i quali si comportavano molto peggio che nemici. Se almeno avessero avuto la lealtà e la franchezza di mostrarsi per quello che erano, ognuno forse si sarebbe regolato: ma venire come liberatori non cercati, e proclamare poi negli editti che i toscani erano sottomessi alla Francia dal diritto della guerra era una tale insultante provocazione, che ogni popolo, anche dolce e pacifico come era stato dipinto nei precedenti proclami il popolo toscano, se ne sarebbe giustamente offeso.
      Da ciò nacque una tremenda reazione. I cittadini, indispettiti contro i fautori dei francesi che trattavano i toscani come popoli conquistati mentre non costavan loro una sola cartuccia, e inaspriti dalle burbanzose minacce, arrestavano da se stessi e portavano alle Stinche o al Bargello quei disgraziati che credendo alla libertà, all'eguaglianza e alla fratellanza francese, s'eran lasciati illudere. Molti di quei patriotti, che in buona fede avevan creduto in una nuova èra di libertà della patria, furono bastonati dai reazionari, partigiani d'altri predoni stranieri, cioè degli austriaci; e così Firenze, rimasta senza governo, ebbe un dicatti che il vecchio Senato fiorentino, di cui nessuno rammentava più nemmen l'esistenza, riprendesse, dopo la partenza dei francesi, le redini dello Stato.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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