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      Dopo questa fanfaronata, il governo provvisorio veniva a dire che S. A. pulitamente e bene "per il canale dell'inclito Senato fiorentino" gli aveva fatto sapere che i componenti quel governo se ne potevano tornare a casa "e che dovessero cessare tutte le misure provvisorie state prese, ripristinando tutto l'antico sistema politico ed economico." Cessato così il potere di quei governanti, celebrarono il termine della loro esistenza con una solenne funzione nel Duomo di Arezzo, cantando un Te Deum solennissimo!
      Il governo posticcio rimasto a Firenze, cominciò, per non sbagliare, dal voler far quattrini, poiché i nuvoloni avevan lasciate le casse vuote. Io non voglio dire come disse il Guerrazzi, che "dacché l'uomo nacque con mani fu ladro." No; l'ha detto lui, non c'è bisogno di ripeterlo; ma è un fatto che fra chi andava e chi veniva, facevano a chi portava via di più.
      Quindi il governo rivolse un appello ai cittadini, i quali non poterono corrispondere che con poche migliaia di lire, essendo già esausti. Fu allora intimato, con spirito di malvagia persecuzione, un imprestito forzato agli ebrei, che si dicevan possessori di grosse somme nascoste; ciò che non era punto vero, perché anch'essi erano stati frugati bene e non male, ed eran ridotti così al verde, che non parevan più nemmeno ebrei.
      Per conseguenza, la delusione dei governanti fu completa.
      Invece però di pensare a dare un assetto qualsiasi alle finanze, essi si diedero con una specie di voluttà feroce a far processi ai giacobini; ed in quindici mesi, fra prima e dopo, sopra un milione d'abitanti, che tanti ne faceva la Toscana, ne furono intentati trentaduemila "per genialità francese!


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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