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      La sera vi furono le solite illuminazioni, il consueto giubbilo, la solita gioia spontanea imposta con le notificazioni delle autorità che eccitavano il pubblico sentimento a forza di editti e di paroloni.
      Gli uomini di cui si circondò Lodovico di Borbone, lo consigliarono a porre in oblio tutte le divergenze dei partiti e ad esortare i sudditi alla concordia e a quella benevolenza di cui egli per il primo dava l'esempio.
      Ma coloro che secondo le promesse del Murat, si aspettavano dal sire spagnuolo il risarcimento delle piaghe della passata guerra, stavan freschi: perché il nuovo sovrano venne ben presto a noia a causa delle "imperiosità e delle dissipazioni della corte" che finivan di rovinare lo stato: ed anche perché essa riceveva gli ordini dalla Francia, ciò che valse a riaccendere nel popolo il desiderio di riavere Ferdinando III. Almeno si sapeva dove si cascava!
      Ma di ciò non si preoccupava Napoleone, il quale tempestava di lettere il governo etrusco e d'ordini il residente francese a Firenze, per avere come senseria del trono d'Etruria, altri oggetti preziosi delle nostre Gallerie. La sua fissazione più tenace era 1a Venere de'Medici, poiché voleva effettuare un suo antico progetto di rapina velato dalle parvenze di capriccio artistico.
      Nel 1796 la celebre statua dell'Apollo di Belvedere fu portata per ordine del liberatore d'Italia, Napoleone, da Roma a Parigi come trofeo di guerra; e siccome egli soleva dire che aveva in mente di fare un matrimonio tra l'Apollo e la Venere de'Medici, così il senatore Mozzi, ministro degli esteri, consigliò il re d'Etruria di mandare nel 1802 a Palermo in deposito sotto la tutela e protezione del re Ferdinando IV, la Venere detta de'Medici insieme ad altri preziosi oggetti delle Gallerie per salvarli dalle rapaci mire dei francesi e più specialmente di quel genio artistico del Bonaparte.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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