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      Era un vero fanatismo.
      Già fin dal dì 15 il Granduca aveva mandato da Bologna, per mezzo del principe Rospigliosi che si era recato lassù ad incontrarlo, al segretario d'etichetta Giuseppe Corsi, gli ordini per la funzione del suo ingresso in Firenze; ed il giorno seguente, il signor Gaetano Rainoldi, direttore della reale Segreteria di Gabinetto, tenne formale sessione con i consiglieri Fossombroni e Frullani, ed il Presidente del Buon Governo Aurelio Puccini, onde circolare gli ordini del Sovrano, e dare tutte le necessarie disposizioni. Nella mattina vennero affissi dappertutto proclami e motuproprii, che ristabilivano vari uffizi soppressi; e dalla Segreteria del Buon Governo fu affissa una notificazione per il regolamento delle carrozze dei signori intimati, non invitati, alla sacra funzione da farsi nella Metropolitana; e più che altro concernente "il pacifico contegno da tenersi dai sudditi all'arrivo del Real Sovrano in città, e suo tragitto al Real Palazzo." Nonostante tutto il giubbilo, le lacrime di tenerezza, gli evviva ed i singhiozzi, non c'era proclama che non invitasse il Popolo a tenere un pacifico contegno. O dov'era tutta la bontà di quel popolo?
      Il maire, che da quel giorno riprese il suo titolo di Gonfaloniere, emanò un editto, col quale si "comandava e intimava" che all'arrivo del Sovrano fossero suonate tutte le campane e nella sera fosse fatta una "generale illuminazione." Più spontanee di così le feste non si possono immaginare!
      In vari punti della città si vedevano impastati sui muri dei fogli con lo stemma granducale sul quale era scritto "Viva Ferdinando"; di fogli simili si servirono poi per i fanali della illuminazione.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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