Il 28 gennaio stabilì il Magistrato di mandare una nuova deputazione a Murat, per scongiurarlo a limitare le spese, atteso "lo stato veramente calamitoso della città per il languore delle arti, del commercio e degli aggravi inseparabili dalle attuali circostanze."
Dopo tante e così umilianti preghiere, e come misura politica, il governo fece affiggere un editto col quale si accordava ai reclamanti contro l'imposizione del prestito, aggravati e molestati dal passato governo per opinioni politiche, la condonazione della metà fino a nuove determinazioni.
E questo fu un po' di sollievo a tante angherie, fino allora continuamente sofferte.
Le cose a poco a poco parvero calmarsi con la pace conchiusa fra l'imperatore e la Repubblica francese. La mattina del 3 marzo 1801, per ordine dell'avvocato regio Bernardo Lessi, i rappresentanti della Comunità, guidati dal gonfaloniere Niccolò Arrighi, si recarono alla Metropolitana per assistere all'inno ambrosiano, in ringraziamento della "fausta notizia ricevuta dal generale Berthier" della conclusa pace.
Il Gonfaloniere e i priori intervennero alla cerimonia "in abito magistrale" ma non comparvero né il cancelliere Scrilli, né il marchese Girolamo Bartolommei e Averardo Medici "benché intimati."
Tutte le deliberazioni successive, prese in seguito dal Magistrato, lo furono senza l'intervento del cancelliere, contrarissimo ai francesi, essendo, a quanto pare, un codino numero uno!
Il 28 marzo, il Magistrato deliberò di eleggere quattro soggetti, perché in nome della Comunità si presentassero "a S. E. il signor generale in capo Murat, per contestarle i sentimenti di venerazione, di rispetto e di gratitudine con i quali il pubblico avrebbe sempre conservato la memoria di un soggetto che si era meritata la comune estimazione.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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